martedì 11 marzo 2014

Direzione arcipelago
 Cap. Terzo
Dieci giorni da soli nelle deserte isole Caraibiche

I bimbi sono curiosi in tutto il mondo
“ Ha da passà ‘a nuttata” diceva il grande Eduardo de Filippo in “ Napoli milionaria”.

Risveglio
La nottata era quasi passata , almeno così speravamo, ma il rassicurante chiarore dell’alba si faceva attendere. La scomodità delle amache , l’umidità calda e appiccicaticcia della notte, ci aveva disturbato parecchio.
 Era tutto abbastanza previsto e prevedibile ma ,come già accennato , la teoria è una cosa e la pratica è un’altra.
 Avevamo dormito malissimo e la sensazione era quella di essere più stanchi di quando c’eravamo coricati. La cosa che ha dato la mazzata finale alla nostra prima notte da “naufraghi”, sono stati gli “ he-hen”, credo si scriva così; sono dei microscopici moscerini che a milioni si insinuano tra i capelli, nelle narici e nelle orecchie creando una sorta di allergia .

 Mondo dei sogni
 Essi ,approfittando di quella famosa mezz’ora dove la brezza di mare e quella di terra si fermano, escono dalla vegetazione ed invadono il corpo del malcapitato .

 Grattarsi non serve anzi peggiora la situazione; i repellenti particolari che avevamo portato, usati in Vietnam dalle truppe americane dei Marines, non sortivano alcun effetto; che fare? L’unica soluzione era gettarsi in acqua . E così abbiamo fatto, e, a mollo, abbiamo atteso l’alba.

Con le prime luci e con il levarsi della brezza , questi microscopici vampiri , ritirati all’interno dell’intricata vegetazione, c’hanno dato tregua e la possibilità di ritornare in terraferma.

In attesa che i moscerini se ne vadano
Fatte le abluzioni mattutine centellinando l’acqua dolce ,che avevamo portato in taniche, come si dovrebbe fare anche quando si è a casa e consumata una discreta colazione con fette biscottate e marmellata di more ( in Colombia è molto usata), vista la stanchezza , decidiamo di rimanere ancora un giorno in questo posto e di dedicarci alla pesca nello specchio d’acqua antistante.
 Risultato assolutamente deludente; non un solo pesce ebbe la cortesia di abboccare e già intravvedevamo la necessità di farci quella famosa spaghettata con tonno e pomodoro .
 Prima di arrenderci Riky, il più giovane tra noi, lancia un’idea : se non siamo riusciti da sopra , proviamo da sott’acqua, e così , indossate pinne fucile ed occhiali abbiamo iniziato a scandagliare il fondale , ma di pesci neanche l’ombra; poi indirizzando lo sguardo dove le radici delle Mangrovie affondano nell’acqua formando una parete intricatissima, scorgiamo dei granchi che stavano banchettando probabilmente con qualche nostro avanzo della cena consumata la sera precedente.
 Paolo grida , “sono ajwa”,( io lo scrivo così ma non so se è corretto); la sostanza è che quei granchi erano commestibili e anche molto buoni. Mentre io e Riky li tenevamo a bada , Paolo va in barca ,prende un telo e con una mossa fulminea copre l’ammasso di crostacei in frenetico movimento e li porta a riva ponendoli in un secchio di plastica. Forse fu complice la fame o l’entusiasmo della pesca miracolosa ma  credo di non aver mai gustato una carne tanto saporita. Fatta bollire dell’acqua marina abbiamo immerso i malcapitati che dopo 5 minuti, il tempo di cambiare il colore della corazza, erano già in tavola, si fa per dire. Al loro interno una carne bianchissima e dolce ci ha deliziato. Il pomeriggio trascorse oziando e preparando il programma per il giorno seguente. Devo premettere che prima di partire dalla darsena di Cartagena, non avendo carte nautiche, abbiamo chiesto informazioni, circa la rotta da seguire , ad un capitano. Non sappiamo se fosse veramente capitano , ma tutti lo chiamavano così forse perchè aveva un cappello bianco con un’ancora cucita, ed un frontino. Un personaggio simile lo avevamo conosciuto in un campeggio in Croazia , ma non era un capitano anche se tutti lo chiamavano cosi, una persona simpaticissima che purtroppo ci ha lasciati.

Relitto di imbarcazione
 Questi,  ( quello Colombiano),  ci disse che nei pressi dell’isolotto , dove ci saremmo fermati,  si trovava il relitto di una imbarcazione semisommersa , da quel punto con rotta 210° per circa 45 miglia avremmo dovuto trovare l’arcipelago.

Ora prestate attenzione perché la cosa si fa complicata.

 All’epoca io non sapevo che la costa Caraibica Colombiana fosse orientata lungo i meridiani , cioè da sud a nord, al contrario ero convinto che essa si sviluppasse lungo i paralleli cioè da ovest ad est quindi una rotta di 210° , dal punto dove eravamo, ci avrebbe dovuto portare a terra e non in mare aperto. Convinco quindi i miei malcapitati compagni di viaggio a seguire un percorso attorno ai 250°/ 270° compiendo un semicerchio allo scopo di intercettare le isole.
Fatta questa premessa terminiamo la giornata sonnecchiando . La notte per fortuna non fu molto tormentata, ( il corpo umano ha una straordinaria capacità di adattamento).
 Di buon’ora la sveglia , recuperato quanto era sparpagliato sulla spiaggia e ricoperta la biologica , per evitare che qualche pescatore ci finisse dentro, partiamo. Già dopo qualche miglio intravvediamo il relitto e da quel punto iniziamo, partendo da rotta 250°, a compiere il semicerchio.
 Quando ci si allontana dalle isole e dai bassi fondali addentrandosi in mare aperto, parlo del mare Caraibico, l’onda , anche in situazioni di calma, è lunga e alta, ma non frangente. Entrando nel suo cavo si stenta a vedere la seguente se non quando si risale la china ; niente di pericoloso, però fa un po impressione. In questa situazione proseguiamo calcolando il tempo e le miglia percorse ,ma anche con il binocolo nulla si scorgeva all’orizzonte. Era inevitabile, avevo sbagliato rotta !!!! Fortuna volle che lungo la nostra direttrice si trovasse una barca da pesca d’altura . Il comandante senza neanche interpellare la bussola , con un gesto della mano ci indicò la direzione e il tempo per arrivare a destinazione. Cosi fu.

Isola Mangle
 Dopo esattamente un’ora Riky con il binocolo iniziò a vedere dei puntini che mano a mano si ingrandivano. Il sollievo fu talmente grande che mi furono risparmiati gli improperi che giustamente meritavo. La prima fermata fu sull’isola Mangle, la quale non aveva ne più e ne meno le caratteristiche dell’isolotto precedente, solo a livello faunistico , migliaia di pappagallini o cocorite, che stranamente si erano fermate così lontane dalla costa. Solo una persona sulla riva, che dopo il nostro sbarco, si dileguò all’interno della vegetazione .

 Ora non intendo tediarvi raccontando la cronaca di tutte le giornate trascorse, perché il riassunto è il seguente : pesca , sopra e sott’acqua, ( con scarsissimo successo) , mangiare e dormire.

Pescatori di aragoste e langostinos
 Per questo motivo, rinunciando alle velleità predatorie, individuati con il binocolo pescatori di aragoste, ( si riconoscono perché la canoa è senza equipaggio, esso è in immersione), li raggiungevamo con il motoscafo ed acquistavamo il necessario per uno squadrone di cavalleria.

 Abbiamo cucinato aragoste in tutti i modi; Quella che merita menzione è la cottura sotto la sabbia dopo aver fatto brace al suo interno.

 Con la carne bianca di qualche stupido pesce che Paolo era riuscito a catturare con il fucile, abbiamo fatto una salsa” cevice “ molto spartana , ( olio, aglio , limone e polpa di pesce) , che con i crostacei in generale si sposa benissimo.

A volte preparano già il piatto pronto
Quante volte , stressati dal lavoro o da altri problemi ai quali inevitabilmente la vita ci sottopone, abbiamo esclamato “Se potessi andrei a vivere in un’isola deserta” ; ecco , noi eravamo in quella situazione e non è vero che uno ci starebbe tutta la vita .
Solo nell’immaginario è possibile .

 Bellissimo, ma per un periodo limitato, per cui dopo qualche giorno ci siamo avvicinati all’ isola abitata e li, attraccati ,abbiamo ripreso i contatti umani.

 Nella foto qui sopra siamo stati invitati dal notabile del paese che ci ha offerto il pranzo. Isola di pescatori e di povera gente, che non possiede nulla se non lo stretto necessario per sopravvivere. La natura ha regalato loro , il clima , il cibo e lo stupendo scenario che li circonda.

Pranzo offerto dall'Alcalde dell'isola
 E cosi , trascorsi gli ultimi giorni rientrammo alla base seguendo questa volta la rotta giusta.

 Un’ultima cosa, degna di nota, prima di concludere . Ognuno penso nella sua vita avrà provato il fastidio che il costume da bagno intriso di acqua salata provoca nel cosiddetto” cavallo” , leggesi , in mezzo alle gambe.

 Bene io ero in questa situazione e appena arrivati a terra in un bellissimo ristorante con piscina mi sono tuffato immediatamente per lenire il bruciore provocato dal lungo periodo a contatto con la salsedine. Continuavo le abluzioni felice . Notavo però che l’acqua che scendeva dai capelli aveva sempre il gusto salato.

Venditori di Langostinos
In effetti la piscina era riempita con acqua marina e così , a gambe larghe sono arrivato all’ appartamento di Paolo dove finalmente mi sono gustato una bellissima e rinfrescante doccia .

Questi 10 giorni furono un periodo ed una esperienza di vita indimenticabile , trascorso tra cose semplici con gente semplice e cordiale, al di fuori dei circuiti tradizionali del turismo di massa, un vera avventura.





Piatti tipici degli isolani , preparati per noi




















Anziana nella sua povera casa
 Di più non saprei dire , ma se qualcuno volesse approfondire l’argomento, la mia mail è la seguente:

Il blog:

 Sarò lieto di rispondere e per quanto possibile , dare ragguagli in merito.

 Un saluto a tutti.

1 commento:

  1. Come si fa a prescindere di un commento se la descrizione mi fa rivivere ogni una delle comiche, scomode, meravigliose e indimenticabili situazioni...bravo Roberto...e ce ne sono da raccontare.

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